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Negli ultimi decenni, moltissimi sono stati gli eventi alluvionali che più o meno gravemente hanno colpito la Regione Veneto.

Ciò ha evidenziato tutte le criticità e le fragilità di un territorio che per anni è stato sfruttato in modo, probabilmente, eccessivo senza considerazione degli effetti a lungo termine della costruzione indiscriminata e senza l’attuazione delle necessarie procedure di controllo, gestione e tutela dello stesso.
Eventi che sembravano ormai consegnati alla storia ci hanno messo di fronte ad una realtà preoccupante, fatta di continua apprensione ad ogni evento meteorico più lungo o intenso di quella che è, o forse era, giudicata la normalità.

Esondazione a Vicenza 2012
Foto: Wikipedia – CC BY 2.0

Per Vicenza, il risveglio di Ognissanti 2010 ha segnato il momento per un cambio di passo: l’esondazione del Bacchiglione a ponte degli Angeli, il riversarsi delle acque lungo le vie limitrofe, su piazza Matteotti, fino a minacciare il Teatro Olimpico, hanno riportato alla memoria il Sindaco Sala sulle spalle di un volontario in ricognizione di una città allagata nel novembre 1966, annus horribilis per molte altri capoluoghi del Paese.

I dati registrati indicato che circa il 20% del territorio comunale è stato invaso dalle acque, con più di 160 milioni di euro di danni.

Numeri che in ogni caso devono giocoforza essere ridimensionati rispetto alla perdita di vite umane.
Molteplici le cause: neve abbondante sulle montagne, abnormi accumuli di piogge, Scirocco in Laguna, che ha bloccato lo scarico dei fiumi che drenano le nostre pianure.

Ma accanto a condizioni al contorno, come queste, imprevedibili, le numerose mancanze previsionali e di tutela e gestione del territorio hanno ulteriormente aggravato la situazione: la rete di fognatura è ormai sottodimensionata per gli attuali carichi idraulici, le quote di argini e sponde, ed in alcuni casi persino i relativi materiali costruttivi, non hanno retto ai sostenuti tiranti idraulici dei corsi d’acqua principali. Infine, la sempre crescente impermeabilizzazione ha dato il colpo finale.
Cambio di passo si diceva, perché da allora, nonostante i numerosi ulteriori eventi alluvionali (basti dare un occhio al Sistema Informativo Territoriale comunale per avere una mappatura delle criticità) molti interventi di messa in sicurezza idraulica sono stati attuati o sono in fase di progettazione/realizzazione: il bacino di laminazione di Caldogno sul Timonchio, appena prima dell’immissione nel Bacchiglione, il bacino di viale Diaz a Vicenza, i diffusi rialzi spondali e arginali, i risanamenti e potenziamenti di ponti, muri di contenimento, etc.
Molto è stato fatto, ma molto è ancora da fare.
Sicuramente da una parte si è iniziato a mettere in atto un programma di salvaguardia coordinato e di più ampio spettro rispetto al passato. Dall’altra stiamo tuttavia assistendo al verificarsi di fenomeni sempre più estremi, con prolungati periodi di siccità ed eventi meteorici molto intensi che mettono in crisi le reti di drenaggio ed il suolo, compattato dalla scarsità di acqua e quindi poco ricettivo.

L’ingegnere idraulico è chiamato ad integrare tutte le conoscenze relative alla corretta gestione delle acque ai fini della salvaguardia del territorio, dei beni e delle persone.

Fondamentale risulta la ricostruzione della memoria storica, che consente di individuare criticità intrinseche di un certo territorio. Ma decisiva risulta anche la capacità di interpretare ed elaborare correttamente i fenomeni meteorologici ed idraulici, in continua evoluzione, con la consapevolezza che il migliore alleato della protezione è la prevenzione.